I: Riccardo, nel tuo lavoro quanto è importante sentire di poterti esprimere liberamente?
RN: Nel mio lavoro è fondamentale, diciamo che è un prerequisito. Lavorando per una associazione che difende i diritti umani è essenziale sapere che posso esprimermi e confrontarmi liberamente e sapere che lo stesso vale per i colleghi e i volontari con cui collaboro.
I: Hai mai sperimentato una limitazione nella tua libertà di espressione oppure una vera e propria forma di censura?
RN: Censura vera e propria no, ma capita spesso nei rapporti con i mass media di verificare che non tutti i messaggi passano con la stessa facilità. Nelle interviste, per esempio, succede che si espongano diversi concetti, ma solo alcuni vengo poi diffusi.
I: In generale, come consideri lo “stato di salute” della libertà di Espressione in Italia?
RN: Abbastanza buono! Negli ultimi mesi, però, ho rilevato un certo abuso dell’idea di “libertà d’espressione”: dietro questa idea vedo passare messaggi omofobici o istigazioni all’odio. Non da ultimo anche alcuni messaggi provenienti dal mondo politico, incendiari e offensivi, vengono legittimati da questo concetto che viene sventolato come un trofeo. Noto una forma di cortocircuito in cui si legittimano con la liberà di espressione concetti che sono contrari alla libertà stessa.
I: Secondo te qual è la relazione tra arte e libertà di espressione? È possibile fare arte in un contesto in cui non è garantita la libertà di espressione?
RN: L’Arte è uno strumento importantissimo attraverso cui esprimere la libertà ed il desiderio di libertà. Cos’è l’Arte senza indipendenza e libertà? Rimane il realismo della dittatura in cui si rappresenta solo quello che viene permesso di rappresentare. A tale proposito mi viene in mente il commento di Hana nel film “Taxi Teheran”, di Jafar Panahi [1]. Hana è in cerca di un’idea per un cortometraggio da presentare a un concorso scolastico. Ma, per evitare che sia “indistribuibile”, deve girarlo secondo le “linee-guida” dettate dalla maestra, tra le quali c’è il vincolo che occorre mostrare la realtà, ma quando questa non è buona non va mostrata. Hana si chiede: “Perché hanno creato una realtà che poi non vogliono far vedere?”.
I: Grazie Riccardo della disponibilità a rilasciare questa breve intervista e a far parte della giuria del concorso Walk on Rights.
RN: Grazie a voi.
[1] Jafar Panahi è un regista,attore e sceneggiatore iraniano. Fra i sui film come regista ricordiamo “This is not a film” e “Close curtain”. Arrestato il 2 marzo 2010 per la partecipazione ai movimenti di protesta contro il regime iraniano, dopo la mobilitazione delle organizzazioni a difesa dei diritti umani e del mondo del cinema a livello internazionale, viene rilasciato il 24 maggio dello stesso anno. Il 20 dicembre 2010 Panahi viene poi condannato a 6 anni di reclusione: gli viene inoltre preclusa la possibilità di dirigere, scrivere e produrre film. Nel 2015 si aggiudica l’Orso d’oro al 65° Festival internazionale del cinema di Berlino con il film “Taxi Tehran” girato in clandestinità.
Share the post "Mini intervista a Riccardo Noury Portavoce di Amnesty International Sezione Italiana"